Il progetto urbanistico nelle zone non ancora scavate (DAI-AAR 1996-2001) |
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La finalità del progetto era analizzare nella maniera più vasta possibile le zone non ancora scavate dell'area urbana ostiense da un lato con l'ausilio di metodi non invasivi in forma di prospezioni geofisiche e con l'interpretazione sistematica di foto aeree, e dall'altro in forma di mirati sondaggi stratigrafici.
Metodologia: prospezioni geofisici, foto aeree, scavi stratigrafici
Nella prima fase del progetto tra il 1996 e il 1998 sono state analizzate alcune aree delle zone non ancora scavate con l'ausilio della prospezione magnetometrica.
Zone indagate Magnetometro Risultati della magnetografia Un'ultima campagna di prospezione sta avendo luogo nelle zone periferiche della città, alla conclusione della quale saranno documentate ampie parti dell'antica area urbana a sud del Tevere. Il procedimento della prospezione magnetometrica si è rivelato particolarmente valido soprattutto in aree in cui la distanza tra il livello attuale del terreno e la terra vergine originaria, costituita da sabbia fortemente magnetica, supera i 2 metri ca. Lo stesso metodo si è invece dimostrato poco valido ad esempio nella regio IV, in quanto questa zona era prevalentemente occupata da edifici abitativi ad uno o due piani e quindi dopo il loro abbandono si sono accumulate meno macerie.
Il livello attuale di quest'area è solo ca. 1,80-2,0 m sopra la sabbia, le cui irritazioni magnetiche si sovrappongono a quelle delle strutture archeologiche. In alcune aree scelte sono state anche effettuate prospezioni mediante la misurazione della resistenza elettrica del terreno. I risultati tuttavia non erano migliori di quelli della magnetometria, per cui si è rinunciato ad un uso di questo procedimento su superfici maggiori.
La seconda importante fonte di informazione, accanto alle prospezioni geofisiche, è costituita da diverse foto aeree. Nel complesso sono state raccolte ca. 30 foto aeree realizzate tra il 1911 e il 1998 e conservate in diversi archivi in Italia e in Inghilterra. Dal punto di vista archeologico è addirittura sensazionale la qualità di una foto aerea del 1985 finora trascurata di una ditta romana di cartografia. L'Istituto di fotogrammetria e telerilevamento della TU München ha trasformato tutte le foto aeree in ortofoto digitali, vale a dire che le foto sono state scomposte considerando i dati del volo e dell'apparecchio fotografico, trasformate in una rappresentazione in scala e rese correlabili con la prospezione geofisica.
Misurazioni della resistenza
elettricaRisultati della resistenza
elettricaFoto aereo 1985 Anche se le prospezioni geofisiche e le foto aeree permettono di elaborare piante più o meno dettagliate, manca loro qualsiasi tipo di informazione cronologica. Per questo motivo dal 1998 in una seconda fase del progetto e sulla base dei risultati di foto aeree e geofisica, sono stati effettuati dei sondaggi stratigrafici. Obiettivo di questo progetto è da un lato chiarire interrogativi concreti relativi alla datazione di singole strutture edilizie mediante sondaggi di piccola estensione ma profondi in singoli edifici scelti e dall'altro ottenere informazioni più precise sulla sequenza di insediamento e quindi sui processi di sviluppo urbanistico delle aree analizzate mediante l'analisi della stratigrafia generale dalle più antiche fasi di occupazione fino all'uso più tardo.
Particolarmente importante è in questo approccio un'esatta localizzazione sul terreno, per cui l'Istituto di fotogrammetria della TU München ha fissato ad Ostia in primo luogo una rete di capisaldi nel sistema geodetico italiano. I dati esatti degli edifici e i dati dei sondaggi sono poi stati elaborati al computer e ricostruiti. Questo procedimento si è dimostrato sorprendentemente preciso. I sondaggi hanno dimostrato che le deviazioni dei dati elaborati al computer sono nella maggior parte dei casi inferiori ad un decimetro dal reale percorso dei muri. Nel complesso tra il 1998 e il 2001 nelle regiones II, IV e V sono state effettuate quattro campagne di scavo con 37 sondaggi di diverse dimensioni.
Basilica costantineana e edifici precedenti
Il fulcro delle campagne '98 e '99 è stato l'analisi della basilica paleocristiana della regio V. Nel complesso sono stati qui effettuati 9 sondaggi nell'area della chiesa e dell'atrio. Si è riusciti - malgrado il pessimo stato di conservazione - a ricostruire non solo le caratteristiche edilizie, ma anche lo sviluppo della chiesa nel corso del tempo, almeno nei tratti fondamentali.
Distribuzione dei sondaggi Lavori geodetici Basilica costantineana Si è dimostrato che il complesso della basilica a tre navate e l'atrio furono impiantati all'inizio del IV sec. Le fondazioni furono realizzate interamente ex novo, dopo notevoli misure di livellamento, su un'insula di dimensioni maggiori. Datazione, dimensioni e volumi edilizi permettono di identificare l'edificio come la chiesa episcopale fatta costruire da Costantino citata nel Liber Pontificalis. Nel corso del IV e V sec. la chiesa venne dotata di un nuovo pavimento a mosaico e fu ampliata a sud dell'atrio con un battistero. Sia nell'atrio che nella chiesa sono stati ritrovati numerosi resti di sepolture dell'epoca, che tuttavia nella maggior parte dei casi erano state distrutte da recenti depredamenti. Nel corso del VI sec sembra non fosse più possibile mantenere l'intero impianto ecclesiastico e l'edificio venne gradualmente abbandonato da ovest verso est. In questo periodo nell'ambulacro nord dell'atrio e sul lato sud della chiesa vennero impiantate semplici strutture di case in parte affondate nel terreno con pavimenti in battuto e focolari, mentre l'abside della chiesa fu restaurata ancora all'inizio del VII sec. Il totale abbandono della chiesa e delle abitazioni circostanti sembra risalire solo alla seconda metà del VII sec. e la spoliazione definitiva e sistematica addirittura solo all'epoca carolingia.
Fonte battesimale
Sepoltura con sarcofago
riusatoSaggio 4 con la
base di una colonnaDiversi sondaggi effettuati hanno fornito importanti indicazioni sugli edifici precedenti. Il ritrovamento di monete e ceramica dimostra che la grande insula sotto la basilica è di epoca traiano-adrianea. Sorprendentemente tuttavia su un livello ancora inferiore, un metro più in basso, sono stati trovati i resti di un'edificazione precedente di età flavia che a sua volta si fonda direttamente sulla terra vergine. Sembra dunque che l'edificazione urbana di quest'area sudorientale intramurana sia avvenuta solo in età flavia. Nel complesso nella zona della chiesa è stata rinvenuta una stratigrafia di insediamento costante dal I al VII sec. d.C.
Strade
Gli scavi si sono anche incentrati sull'analisi di diverse strade delle regiones V e III. Con un totale di 8 sondaggi sono state analizzate in particolare le fasi tardo antiche delle vie sul livello stradale più recente conservato, in quanto proprio questi strati più recenti nell'area già scavata della città erano stati nella maggior parte dei casi distrutti senza essere documentati. Il quadro così ottenuto è molto omogeneo.
Così ad esempio si è dimostrato che le importanti vie di comunicazione Via del Sabazeo, Via degli Aurighi e Via della Foce sono rimaste in uso ininterrottamente fino al VII sec., e in questi casi sono stati testimoniati rispettivamente da 8 a 19 orizzonti di livellamento tardoantichi e altomedievali. Diverse volte si è notato, come qui nel caso di Via del Sabazeo, che gli edifici che affiancavano la strada nel corso del V sec. erano crollati sulla strada stessa e ad essi si sovrapposero ulteriori orizzonti di camminamento. I tardi resti di insediamento nell'area della chiesa devono dunque essere esistiti già in un ampio paesaggio di rovine.
Da notare è inoltre che le strade al di fuori delle mura urbane nel corso della piena età imperiale servirono come discarica di macerie e scarti di macelleria. Sono stati trovati nel complesso 10.000 frammenti di ossa animali, di cui Michael McKinnon (Università di Winnipeg) ha effettuato l'analisi archeozoologica, che ha fornito nuove informazioni sulla trasformazione del tipo di alimentazione ad Ostia nel corso dell'età imperiale nonché interessanti novità sulla popolazione animale di Ostia. Ad esempio nel II sec. è testimoniata la presenza di cammelli utilizzati probabilmente come animali da soma.
Mura urbane
La ricerca si è poi incentrata sulle mura urbane e su due porte finora sconosciute. Poiché finora la datazione delle mura urbane oscilla tra il regno di Silla e quello di Augusto, con due sondaggi in profondità si è tentato di ottenere nuove informazioni relative alla loro realizzazione. Particolarmente importanti qui i risultati di un sondaggio nella regio V. Negli strati datanti delle mura non si è trovato sufficiente materiale ceramico per ottenere una definizione cronologica certa, tuttavia ca. 20 cm sopra l'orizzonte di camminamento appartenente alle mura urbane è stato trovato un ulteriore orizzonte d'uso che, sulla base della terra sigillata trovata in grande quantità, è certamente databile alla prima età augustea. Le mura sembrano dunque essere state realizzate prima dell'età di Augusto, anche se il dislivello relativamente modesto del terreno tra i due orizzonti d'uso non fa pensare ad una realizzazione in epoca sillana, ma sembra piuttosto ulteriormente avvalorare la tesi proposta recentemente da Fausto Zevi di una datazione poco prima della metà del I sec. a.C.
Stratigrafia tardo-antica della
Via del Sabazeo
Ossa di un cammelloSezione delle mura urbane Risultati totalmente sorprendenti sono stati ottenuti dai due sondaggi nelle porte urbane di Via del Sabazeo e Via degli Aurighi. Entrambe le porte erano state inserite nelle mura dopo la loro costruzione e precisamente nel caso di Via del Sabazeo già in età augustea e costituivano in un primo momento dei passaggi privi di battenti. è interessante notare che nelle due porte sono stati rinvenuti chiari segni di un ripristino delle mura urbane sotto forma di soglie e interventi sulle parti di muro attigue, datati al tardo III sec. d.C. e probabilmente, in base al ritrovamento di una moneta, persino all'epoca aureliana. Nel caso di questi due restauri si tratta dei primi indizi di un impianto difensivo tardoantico ad Ostia. In entrambi i casi le porte restarono in funzione per un periodo relativamente breve, in quanto già nel corso del IV sec. nuovi livelli d'uso si sovrapposero alle soglie rendendole inutilizzabili.
Porta tardo-antica della
Via del SabazeoPorta tardo-antica della
Via degli AurighiDomus / Villa
Le foto aeree e le prospezioni hanno fornito diverse indicazioni relative all'esistenza di grandi edifici abitativi alla periferia urbana. Nelle ultime tre campagne sono stati analizzati mediante sondaggi stratigrafici rispettivamente un edificio nella regio III, uno nella IV e uno nella V. Nella regio V a sud delle Terme del Nuotatore si trova una domus quasi quadrata di ca. 60 x 60 m, accessibile a nord. Sembra essere priva di atrio ed è costituita da un grande peristilio quadrato circondato da diversi vani. I sondaggi hanno ora dimostrato che questa domus fu costruita in età flavia, verso la fine del I sec. d.C., su edifici precedenti dell'inizio dell'età imperiale. è notevole il lusso degli arredi. La domus nel triclino principale meridionale sin dall'inizio era dotata di ricchi pavimenti in opus sectile e nell'ambulacro del peristilio di un elegante pavimento a mosaico. L'edificio restò in uso ininterrottamente e con diverse fasi di decorazione fino al IV sec. Poi, nel V e nel VI sec., subì pesanti distruzioni in seguito alle quali, analogamente alla zona della basilica, sulle sue rovine vennero impiantati edifici rustici.
Molto simile è la situazione nel grande edificio della regio IV, analizzata quest'anno con 4 sondaggi. L'edificio ben riconoscibile sulla foto aerea del 1985 si trova immediatamente fuori dalle mura urbane ed è costituito da un grande blocco residenziale, un peristilio pressoché quadrato e uno stadio-giardino orientato parallelamente al mare e lungo ca. 150 m. Queste caratteristiche indicano senza dubbio che si trattava di una grande villa suburbana.
Domus Regio V, foto aereo Regio V, pianta della domus Pianta della Villa suburbana Particolarmente indicativo per la datazione si è dimostrato un sondaggio all'estremità orientale dello stadio-giardino, dove si trova una sorta di padiglione con nicchie. Sulla base del materiale ceramico rinvenuto qui e negli altri sondaggi, la villa fu costruita intorno agli anni 60-80 d.C., quindi grossomodo nello stesso periodo della domus di cui ho appena parlato. La villa poi subì una generale fase di nuova decorazione in età traiano-altoadrianea. Diversamente dalla domus menzionata fu tuttavia completamente distrutta negli ultimi decenni del III sec. quando era ancora pressoché intatta, come ha dimostrato il crollo di una parete e del soffitto rinvenuto nel sondaggio in questione. Le cause di questa distruzione restano al momento aperte; probabilmente, secondo le indicazioni del team di sismologi del CNR, il crollo fu dovuto ad un terremoto. D'altro canto il periodo di distruzione coincide con il restauro delle mura urbane di cui ho parlato precedentemente, per cui sarebbe necessario studiare se possano esserci alcune connessioni. Nel periodo successivo l'area della villa restò per alcuni decenni disabitata, finché nella prima metà del IV sec., nell'area prima occupata dal peristilio, vennero impiantate semplici strutture rustiche che tuttavia non considerano in alcun modo la villa precedente. Anche queste strutture del IV sec., che a loro volta mostrano diverse fasi, vennero completamente distrutte verso la fine del IV e l'inizio del V sec. Sulle loro rovine nel tardo V sec. vennero impiantati dei semplici edifici di cui non si è riusciti a ricostruire la durata d'uso in quanto si trovavano direttamente sotto lo strato di humus e sono stati un buona misura distrutti dall'aratro. Riassumendo: questa villa suburbana sembra aver costituito un edificio isolato extramurano che poteva godere della vista sul mare. Probabilmente poco dopo l'impianto della villa vennero poi costruiti l'edificio della sinagoga e la Via severiana, la cui prima fase è stata datata da Carlo Pavolini in età domiziana. Nel corso del II sec. la villa poi fu circondata su tutti i lati dall'edificazione urbana, divenendo così quasi una domus urbana.
Horrea ed edifici del mercato
Le prospezioni effettuate mostrano una notevole concentrazione di horrea, in particolare nella parte nord della regio III. In due sondaggi ad est e sud del Palazzo Imperiale sono stati indagati tre di questi edifici, tutti databili al II sec. d.C. In un altro sondaggio è stato indagato un edificio di mercato (40 x 60 m) al centro della regio III, anch'esso del II sec., con tabernae decorate con prestigiosi mosaici geometrici bianchi e neri. Tutti questi risultati dimostrano che ad Ostia, anche dopo la costruzione del nuovo porto traianeo, rimase una straordinaria attività commerciale, che addirittura si sviluppò ex novo. I vastissimi spazi commerciali della città proprio nel II sec. sono tuttavia difficilmente spiegabili con il ruolo di Ostia come fonte di approvvigionamento per Roma. Bisogna piuttosto supporre che i numerosi horrea, mercati e tabernae servissero ad un commercio intermedio molto sviluppato alimentato dalle navi in arrivo e in partenza per tutte le regioni del Mediterraneo.
Edificazione extramurana
Nella regio III sono stati indagati due edifici residenziali appoggiati alla parte esterna delle mura urbane. Si è dimostrato che la parte prospiciente le mura urbane di quest'area vicina alla spiaggia restò priva di edifici fino in età flavia. Il più vecchio edificio sembra databile alla seconda metà del I sec. d.C. Solo nel corso del II sec. gli venne annesso un secondo edificio sulla parte orientale. I risultati di questo sondaggio trovano un diretto parallelo nell'area urbana scavata di fronte a Porta Marina: anche qui l'edificazione più antica è di epoca flavia, mentre in precedenza la costa era fortificata, ma restò priva di strutture edilizie, fatta eccezione per alcune tombe.
Porto - navalia - tempio portuale
Il ritrovamento senz'altro più importante dal punto di vista urbanistico è costituito dalla testimonianza di un grande bacino fluviale nella regio III dotato di uno straordinario complesso di edifici, probabilmente navalia e tempio portuale. Innanzitutto il bacino fluviale. Foto aeree e prospezioni geofisiche mostrano, nell'area tra il cosiddetto Palazzo Imperiale e quello che presumibilmente era l'antico faro, uno strano spazio vuoto. Inoltre qui il terreno è caratterizzato da un'evidente depressione e dalla totale assenza di materiale archeologico sulla superficie. La strana deformazione del terreno era stata notata da tempo. Canina aveva per esempio ricostruito qui un grande emporio semicircolare, mentre Gisimondi supponeva vi fosse un approdo.
Nei sondaggi effettuati sul lato orientale della depressione è venuta alla luce una strana struttura. Importante è in primo luogo che gli elementi architettonici della parte occidentale mostrano notevoli tracce di erosione dovuta all'azione delle onde. Non ci possono dunque essere dubbi che originariamente in quest'area vi fosse acqua e che ci troviamo di fronte ad un bacino portuale che fu poi riempito, in epoca postantica, con una miscela di sabbia, macerie e materiale alluvionale del Tevere. Purtroppo la delimitazione meridionale del bacino non può essere chiaramente identificata in quanto questa parte del fiume in età postantica evidentemente era soggetta ad una maggior erosione. Sembra comunque che il bacino fosse delimitato da una strada, testimoniata in alcuni punti da un sondaggio dell'anno scorso. Il bacino era dunque largo ca. 150 m e profondo ca. 80-100 m.
Pianta ricostruttiva della
regio III
Blocco di travertino della
fronte ovestPianta della navalia
con il tempioParticolarmente interessante tuttavia è l'edificio sulla parte orientale del bacino portuale. La facciata di questo edificio verso il bacino non era costituita da una parete chiusa ma da diverse camere parallele con ampie aperture. Insolito è il fatto che queste aperture arrivassero fino al livello dell'antico specchio d'acqua. Questo particolare ritrovamento ci ha dunque fatto pensare di mettere in relazione queste strutture edilizie con alcuni resti di edifici scavati dal Visconti nel XIX sec. a nordovest del Palazzo Imperiale. Si tratta qui di una serie di archi in tufo a cui erano addossate, sul lato posetriore, delle tabernae orientate ad est al Palazzo Imperiale e di una ulteriore serie di lunghe camere voltate aperte a nord verso il Tevere e che presentano le stesse caratteristiche edilizie delle camere da noi scavate. Già Visconti e poi soprattutto Paschetto avevano visto in queste camere i resti dei navalia riportati sulle iscrizioni – un'interpretazione che fu messa in discussione soprattutto da R. Meiggs e che venne infine abbandonata. Gli elementi architettonici trovati con il sondaggio menzionato ci sembrano ora confermare questa vecchia interpretazione come navalia che non si aprivano solo a nord verso il Tevere ma anche ad ovest verso il bacino portuale. Il complesso sarebbe dunque stato grossomodo quadrato, con dimensioni esterne di ca. 70 x 70 m, cosa che significherebbe che sul lato rivolto verso il porto avrebbero avuto posto 12 camere voltate. L'edificio è tuttavia degno di nota anche per un altro aspetto. Già Paschetto aveva osservato, a ragione, che sopra le volte delle singole camere si trova uno spesso strato di malta impermeabile sul quale poggia un pavimento in opus spicatum. Paschetto aveva dunque giustamente concluso che sopra le camere voltate non seguiva un altro piano ma una grande terrazza che doveva trovarsi quindi ca. 5 m sopra il livello del fiume. Da diversi indizi, su cui non vorrei soffermarmi singolarmente, tra l'altro diversi frammenti di colonne e trabeazione, è quindi probabile che questa terrazza fosse cinta su tre lati esterni da un portico.
Al centro di questo impianto, già a partire dagli scavi del XIX sec., sono conservati diversi elementi monumentali in marmo di Luni mai dettagliatamente studiati, tra cui una grande base dal diametro di più di un metro nonché una colonna a tre quarti scanalata da un angolo esterno della cella. Da menzionare anche un grande blocco di marmo dal diametro di 0,45 m la cui parte esterna mostra un opera pseudoisodoma e la cui parte interna è finemente levigata. Questi frammenti sono stati dunque visti come elementi di un grande tempio qui ipotizzato.
Base Colonna a tre quarti
scanalataNella campagna di scavo del 2001 sono state portate alla luce ampie parti della fondazione di un tempio su podio che si trova esattamente al centro della terrazza. Queste fondazioni sono in calcestruzzo e opus reticulatum e formano un quadrato di 20 x 10 m. Il lato corto occidentale mostra una sezione di 3,50 m, per cui deve essere qui ipotizzata la facciata preceduta da una scalinata. Il tempio era dunque orientato ad ovest verso il bacino portuale, in particolare precisamente verso la foce del Tevere e si presentava come primo edificio a tutte le navi che risalivano il fiume. La base della colonna conservata fa ricostruire una facciata alta ca. 18 m con quattro colonne sulla fronte.
All'interno la fondazione del tempio era suddivisa in due camere longitudinali parallele originariamente voltate. Da diversi indizi si deduce che il livello della pavimentazione originaria del tempio era ca. 2,50 m sopra il livello della terrazza dei navalia e quindi ca. 8 m sopra il livello del fiume. Per quanto riguarda la suddivisione interna del tempio è stata portata alla luce la fondazione settentrionale del muro della cella e dell'intradosso della porta settentrionale della cella. Inoltre sulla parte posteriore orientale della cella è stata trovata la fondazione del podio per la statua di culto, straordinariamente grande, ca. 3,50 x 3,50 m.
Mentre le parti di fondazioni finora descritte senza dubbio fanno parte di una prima fase edilizia, sul podio della statua di culto e all'interno della camera settentrionale del podio si sono conservati resti di un restauro successivo. Si è notato che il podio fu rinforzato con un massiccio riempimento in cementizio fino ad un'altezza di ca. 2,0 s.l.m. In contrasto con la consistenza delle fondazioni originarie questo calcestruzzo mostra un'alta percentuale di frammenti di mattoni e marmo. Nella superficie di questo rinforzo in cementizio vi erano due monete del regno di Marcaurelio e di Caracalla.
Per la datazione della prima fase edilizia non sono invece stati trovati elementi di riferimento concreti. La mancanza di frammenti di bolli nel calcestruzzo indica una realizzazione in epoca predomiziana. L'opus reticulatum conservato trova paralleli nella prima età imperiale. Inoltre gli elementi marmorei conservati - in particolare la base - ricordano il tempio, solo poco più grande, di Roma e Augusto sul Foro, eretto probabilmente sotto Tiberio. Le somiglianze sono tali da far ipotizzare che i due templi siano stati realizzati a breve distanza di tempo l'uno dall'altro.
Strettamente legata alla questione della datazione è l'identificazione del tempio. I navalia, con cui il tempio costituiva un'unità edilizia, ci portano ad una nota iscrizione di L. Gamala, erede di una delle più importanti e antiche famiglie di Ostia, vissuto sotto Marcaurelio, che restaurò numerosi edifici. In questa iscrizione viene menzionato prima il restauro di un tempio finora non identificato dedicato a Castore e Polluce e, più in basso, dei navalia, costruiti da un certo L. Coilius, ma che dovevano essere in buona misura crollati, nonché - fatto insolito per un edificio puramente di servizio - la dedica di una statua di Enea proprio in questo luogo.
I reperti archeologici sono in buona misura sovrapponibili ai dati di questa iscrizione. I navalia mostrano una prima fase edilizia della prima età imperiale ma, in base alla tecnica muraria, ampie parti di questi sono state ricostruite a metà del II sec. Il tempio a sua volta mostra solo piccoli restauri, datati dai ritrovamenti monetari proprio al periodo dell'iscrizione. A questo si aggiunge, come avevo già detto, che il podio della statua di culto sembra essere troppo grande, rispetto al tempio, per una singola statua.
Si propone dunque l'identificazione con il tempio dei Dioscuri menzionato nell'iscrizione. La particolare profondità del podio potrebbe far ricostruire un gruppo di culto con cavalli. L'identificazione di questo santuario con il tempio di Castore e Polluce sembrerebbe sensata anche per la tradizionale relazione tra le due divinità e il viaggio per mare. Così il rapporto tra il tempio qui descritto e il viaggio per mare viene reso evidente dal legame architettonico con i navalia, dalla posizione dominante sul bacino portuale e dal suo orientamento alla foce del Tevere e a tutte le navi in entrata.
Come testimoniato da diverse fonti, ad Ostia il tempio di Castore e Polluce costituiva, dopo il tempio di Vulcano, anche questo non ancora identificato con certezza, il più importante luogo di culto del posto, strettamente legato a Roma stessa. Qui ogni anno il 27 gennaio, data in cui fu inaugurato nell'urbe il tempio di Castore e Polluce, si tenevano sacrifici e ludi Castrorum con un pretore o un console che veniva dall'urbe e una rappresentanza della popolazione di Roma. L'importanza del culto venne mantenuta anche in epoca tardoantica. Così Ammiano Marcellino (XIX 10 4) testimonia che nel 359 d.C. a causa della minaccia di una carestia, il prefetto urbano Tertullus si recò ad Ostia al tempio dei Dioscuri per offrire sacrifici a protezione della flotta che portava il grano e non riusciva ad entrare in porto per i venti sfavorevoli.
Indipendentemente dalla questione dell'identificazione del culto, la scoperta del bacino portuale e del complesso dei navalia in combinazione con un tempio costituisce un'importante arricchimento del quadro urbano finora noto.
Impianto termale tardoantico
In un sondaggio immediatamente a sud del complesso dei navalia è venuto alla luce un piccolo impianto termale tardoantico con un piccolo vano rettangolare, una piccola abside ad est e l'accenno di una seconda abside a nord. L'impianto era dotato di ipocausti ed era completamente rivestito di marmo. In base alla tecnica edilizia dovrebbe essere databile al IV sec. Per le modeste dimensioni non doveva trattarsi di un impianto pubblico ma piuttosto di terme private che vanno viste in relazione ad una domus di cui tuttavia le prospezioni e le foto aeree non forniscono informazioni.
L'edificio è particolarmente interessante in quanto è stata ritrovata in situ una fistola in piombo per l'approvvigionamento idrico che riporta il nome di un praefectus urbi del 351 d.C. Il complesso del tempio e dei navalia e la sua importanza immutata fino all'epoca tardo antica fanno probabilmente vedere sotto nuova luce questo reperto. Sembra che nelle immediate vicinanze del bacino portuale e dei navalia si trovasse una domus che potrebbe essere stata la residenza o di un solo prefetto (quindi sua proprietà privata).
FistulaRicostruzione del porto fluviale
Dr. Michael Heinzelmann.